The volunteer

british airwaysHo sempre preferito British Airways per via delle hostess, notoriamente le più brutte dell'aviazione civile. Il fatto è che a me piacciono assai per via dello spessore consistente delle collant marroni e delle scarpe ortopediche per cui confesso di nutrire una passione morbosa. Tuttavia al di la di questo, non avevo motivo alcuno per volare con BA piuttosto che con altri. Fino a ieri. Quando sono stato avvicinato al banco del check-in da un individuo in divisa da stewart e la faccia che solo un inglese riesce a produrre, quando sa di avere la coscienza sporca. L'individuo mi approccia per propormi di fare il volontario, più altre cose che non sono in grado di menzionare perchè non ho capito un cazzo di quello che mi veniva detto, peraltro in inglese impeccabile. Il soggetto non demorde e passa alla rappresentazione grafica del concetto che vorrebbe trasmettermi. Qui va meglio e comincio a intuire. Il mio butterato interlocutore sta dicendo che il volo di mezzogiorno è over-booked e stanno cercando volontari per liberare posti e partire con quello successivo delle diciannove. Ho molta fretta - rispondo cortese ma risoluto (in realtà non ho un cazzo da fare per dieci giorni, ma è questione di principio, diamine). L'ipertiroideo con la cravatta viola è allenato alle difficoltà e incalza: se lei si offre come volontario la comnpagnia le rifonde cinquecentomilalire cash, più questa credit card per ogni genere di conforto per l'attesa in aeroporto per un importo entro le cinquanta sterline più un biglietto di business class più uno stewart a sua disposizione per il successivo check in e qualsiasi altra sua esigenza. Rimango impassibile e intanto penso a come faccio a dire a questo benefattore che non ho più fretta e che vorrei piangere di gioia come un bambino quando scarta il regalo che aveva sognato sotto l'albero di natale e il mondo gli sembra un giro di giostra e fuori nevica e tutti sono più buoni. Accetto, dico io. Bene, dice il mio nuovo amico anglosassone, mi scuso per l'inconveniente e aspetti qui un minuto il nostro stewart. No problem, faccio io con fare accondiscendente. Se posso dare un mano non mi tiro indietro... Il mio stewart è indiano e lo chiameremo Rajiv in ossequio al qualunquismo eurocentrico imperante. Ora, io non ho mai avuto uno stewart personale, figurarsi uno indiano. Rajiv tiene a ribadire che al bagaglio pensa lui, che se voglio utilizzare i servizi dell'aeroporto sarà ben felice di aiutarmi. Capite? E' lui che è felice. Bene, Rajiv, cosa posso fare con questa credit card? Puo' utilizzarla a suo piacimento in ciascuno dei ristoranti dell'aeroporto, inclusi i pub, naturalmente. Pub, amico mio dalla pelle olivastra? Pub, signore. Rajiv pensi al bagaglio e mi raggiunga al Pitbull Inn, con comodo. Bene, signore. Quando Rajiv arriva io sono già a tre pinte e il mio alito puzza come quello di un hooligan(il chè unito all'abbigliamento trasandato, alla capigliatura trasandata e al fatto che mi muovo con uno stewart indiano al seguito fa di me una rock-star agli occhi del folto pubblico in prevalenza italiano che affolla l'aeroporto. Il fatto che vestissi la polo dello staff asphalto dovrebbe far sorridere il capo-). Alle quattro e mezza Rajiv chiede se ho ancora bisogno di lui perchè dovrebbe seguire altre pratiche al front desk. Io lo guardo con l'occhio del pesce persico e con eloquente cenno della mano libero il sottoposto extracomunitario dai suoi doveri. La scena non passa inosservata e i miei vicini di tavolo argomentano con forte accento lombardo che deve trattarsi di un servizio speciale riservato ai vip. Naturalmente non faccio niente per smentirli, eccetto un rutto baritono che, curiosamente, non fa altro che alimentare le leggende sulla mia presunta personalità. Alle sei meno un quarto assomiglio dannatamente a Bob Geldof all'uscita di un rave party. Inoltre, poichè non riesco a bermi centosettamilalire di birra in un pomeriggio e poichè, fondamentalmente, sono un generoso - offro da bere ai miei nuovi vicini di tavolo che per sdebitarsi si sentono in dovere di rovesciare una pinta di guinness sulla moquette. Non c'è problema, faccio io con voce impastata, ne ordineremo un'altra...

Un'ora dopo Rajiv mi scorta fino alla scaletta dell'aeromobile dove mi cede con fare amorevole alla hostess più orrenda della storia dell'aviazione con queste parole: "he's mr. AgnusDei, the volunteer" Poi il paria si volta verso di me, sorride e dice: "goodbye, i've done my best."- Io non so se commuovermi o vomitargli sulla cravatta cinque litri di birra e nel dubbio proclamo qualcosa tipo: "lo so, lo so, sei stato eccellente." In business class di un cazzo di volo da due ore di solito non ci va nessuno perchè è da stronzi buttar via i soldi in questa maniera. Infatti siamo in due: io e un businessman che si guarda un dvd sul suo pc portatile. La hostess chiede se voglio qualcosa da bere. "One more beer, please." Il businessman mi guarda come farebbe la vostra fidanzata se per impressionarla le diceste che vi siete appena fatti la cacca addosso e che se non ci crede può toccare con mano. All'arrivo in aeroporto alcuni dei miei connazionali guardando la mia falcata da pop-star, la polo dell'asphalto, il capello unto, si danno di gomito digitando frenetici sms sui telefonini per avvisare l'amica del cuore che hanno preso l'ereo con uno famoso. Io dovrei prendere il treno fino a Milano, ma in questo modo rovinerei tutto (si è mai vista una rock-star su un treno navetta di seconda classe?). E' ancora presto, mi faccio una birra al bar dell'aeroporto; prenderò il treno successivo in attesa che i miei fans si dileguino soddisfatti. Questa volta la birra la pago io, alla salute della British Airways. Bevoforte. Bentornato a casa.
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