Collettiva Mente

golem
modificato 10 febbraio 2006 in wiki
[Lord H.]
Il mare è un vuoto di morsi azzurri all'anima. Bastano tre ore su una bagnarola con nessuna terra in vista per trasformare l'orgoglioso uomo del ventunesimo secolo, con le sue ciminiere che cambiano il clima e i suoi desideri che estinguono specie intere, in un nano spirituale. Arben pensa più o meno a questo sul ponte della nave che lo sta portando in italia, mentre il freddo vento marino gli restituisce la sua reale dimensione di uomo e gli altri 897 profughi stipati con lui non riescono a consolarlo della perdita.

Per Mihal quella era l'ultima traversata. Ancora sei ore e sarebbero arrivati a taranto, dove lo aspettava un amico che aveva i contatti giusti - ancora sei ore e non avrebbe più dovuto fare da balia a quella mandria disgustosa di gente per poche migliaia di leke, sarebbe entrato nel giro grosso e avrebbe finalmente iniziato a guadagnare davvero, in euro. Si sarebbe fatto un nome, si sarebbe fatto rispettare. E se avesse fatto le cose come si deve, chissà? Magari in futuro sarebbe stato lui ad intascarsi il 50% dei proventi di un viaggio come quello, senza doverci rischiare il collo e senza doverli dividere con nessuno.
"Fottute bestie di merda!" urlò rivolto alla gente sotto di lui, ma quelli si erano ormai abituati alle sue urla e si limitarono ad ignorarlo. Mihal pensò con soddisfazione che se qualcuno avesse osato rivolgersi a lui con quel tono gli avrebbe immediatamente sparato col kalashnikov, altroché ignorarlo. Gli avrebbe tagliato la gola col coltello e calpestato la testa fino a farla esplodere, a quel coglione! Poi una ragazzina, nel mucchio, lo distrasse da quei pensieri. Aveva non più di sedici anni, ma le grazie che la camicetta troppo leggera gli lasciava intravedere erano quelle di una donna già fatta.

La guardia armata che li insulta dall'inizio del viaggio lascia la sua postazione. Con molte urla e minacce di usare il kalashnikov scende tra la folla e si fa strada sino ad Arben, che per un attimo teme ce l'abbia con lui. Invece si gira a parlare con una ragazzina: la invita gentilmente a salire in cabina per ripararsi dal freddo, ma alla ritrosia di quella sembra impazzire, la colpisce duramente col calcio del mitra ed inizia a trascinarla, semisvenuta, verso le scale. Le sue intenzioni sono chiare, la sua reazione se qualcuno provasse a fermarlo ancora di più. Arben si guarda intorno, ma vede solo facce impaurite e piene di vergogna. Dovrebbe voltarsi anche lui, ed abbassare il capo, ma Arben ha cinquantotto anni e quella ragazza sedici: quindi, mentre il ragazzo è ormai giunto ai piedi della scala e sta minacciando la ragazzina per convincerla a salire, fa la cosa più stupida che possa fare un uomo nelle sue condizioni: estrae la pistola che si era nascosto addosso prima di salire e spara un colpo in aria, gridando "fermo o sparo!". I colpi del ragazzo, spaventatissimo per aver lasciato salire a bordo un uomo armato, quasi non li sente.

Due giorni dopo Mihal vende la pistola che era stata di Arben per millecinquecento euro, i primi euro della sua carriera in Italia. Sarà proprio quella pistola a finire nelle mani di Gino, qualche settimana più tardi.

[l'inizio]
C’è gente a cui dell’orizzonte del mondo non può fregare di meno. Perchè il mondo ha una circonferenza ben limitata, segnata a gesso sull’asfalto al limite del paese. Universi così piccoli risentono in maniere del tutto particolari della gravità, e la massa delle cose, delle persone e dei pensieri può diventare il centro di tutto o il niente in due attimi precisamente successivi. Quel giorno, tutto il creato precipitava a larghe spirali verso il bancone del bar del centro, quello con l’insegna rossa mezza spezzata dalla grandine e i tavolini, sempre gli stessi da quindici anni, di plastica bianca e cotta. Il bar del centro è dove ci si gioca i pomeriggi, con gli assi e i sette sul panno e una scheggia di vetro piena di vino a fianco. Il bar del centro è dove i vecchi vengono a tossire il loro odore in mezzo a quello di usato e di unto. E' il posto dove da ragazzi si buttavano le 100 lire in ghiaccioli dai quali non si riusciva a staccare la carta. Una ribatta che faccia male non costa molto. Si trova facile. Basta andare un pò fuori dai segni di gesso, dai soliti, e in una settimana al massimo arriva. Niente domande e la si può tenere in vita senza che nessuno se ne accorga e chieda. Gino ce l’ha nella tasca interna della giacca, col colpo pronto. Ha pazienza. Gino ha ottocento euro nell’altra tasca, e sta aspettando qualcuno.

[zat] ...Ma a noi di Gino poco ci importa. A chi deve quegli ottocento euro proprio non ce ne frega un cazzo. Avrà approfittato dei favori sessuali di uno di quei bambini che espesso venivano a mangiare ghiaccioli dai quali non si staccava la carta e ora, dopo 10 anni, uno di quei bambini è cresciuto e ha chiesto la contropartita in contanti rivalutando gli interessi al tasso attuale.

Erano stati 10 anni molto lunghi.

La storia che veramente ci interessa, però, è quella di Calazzo Portiscani, il lugubre figuro che molti anni prima aveva tracciato quegli enigmatici segni col gesso sul terreno che per magia impedivano alla gente di uscire da quel paese incantato. Nessuno di loro però aveva mai capito a cosa servissero, e perché Calazzo fosse uso tenere sempre un dito infilato nel culo mentre li immortalava sull'asfalto. Ma a nessuno interessava, al pari dei confini del mondo.
Pare che Calazzo fosse l'unico tramite tra Garbazzate di Busonello in Bollate di Argato, il paese dove si svolgono le nostre vicende, e il mondo esterno.

Cronache del luogo raccontano anche di un episodio empio e increscioso, successo qualche anno prima, su al casolare degli Scannazza, durante una festa della parrocchia.
Pare che la figlia del vicequestore Rottafacchi fosse passata col fidanzato da quelle parti e che un povero ragazzo subnormale, una sottospecie di ritardato visionario con grossi problemi di alcol e droga, noto per l'abitudine di masturbarsi nudo davanti alla statua di Vittorio Emanuele nella piazza grande del paese, avesse inveito contro di lei rivomitando succhi gastrici e bile.
Per fortuna che la rete del porcilaio nel quale egli stava razzolando impedì il tragico epilogo.

Calazzo Portiscani, noto per essere un po' la memoria storica del paese, mantenne sempre il segreto su quel fatto.. E pareva quasi che quel dito perennemente infilato nello sfintere mentre tracciava segni magici col gesso impedisse alle grandi verità che erano custodite nelle sue viscere gorgoglianti di poter essere protruse tra gli ignari minus habens di Garbazzate di Busonello in Bollate di Argato.

Quel pomeriggio, però, Gino estrasse la pistola dalla tasca interna dell giacca e si sparò un colpo alla tempia.

[novocaina] Ora perchè uno si spari alla tempia per un piccolo debito con quattro ragazzini cresciutelli, non è nemmeno troppo importante.

Importante diventa se la pallottola, trapassando il cranio mezzo vuoto di Gino, si avvita su sé stessa, arriva a sfondare i muri spessi due dita del bar e si schianta contro il polso di Calazzo Portiscani, facendolo esplodere con un rumore sordo di righello sui banchi.

Il Portiscani, che non mancava mai d’uscire di casa in un gessato a scacchi blu e marroni, si trovò così, con la mano mozza ancora conficcata in culo attraverso il foro orlato dei pantaloni – la sua sarta non domandava più da un pezzo perchè dovesse fargli un foro nei pantaloni all’altezza del culo –, gocciolante di sangue rubino. Il resto del braccio, anchilosato da anni di prostrazione verso il retto, incapace di muoversi, si scuoteva appena contribuendo all’allargarsi della pozza rossa verso il tombino a bordo strada.

Calazzo era un duro. Pochi come lui ci sapevano fare con i gessi. Da piccolo era stato madonnaro. Porcamadonna che madonnaro. Dicevano tutti. Ma c’è un limite a tutto. Prima di afflosciarsi come un foglio di carta bagnato, girò gli occhi al cielo, tese tutte le vene del collo e alzando il pugno – quello rimasto – verso le finestre della signora Colaiutti, affacciata a stendere le mutande di suo marito, vedendola radiosa come sempre nei suoi 89 anni e tre denti e mezzo, gli parve di vedere una madonna barocca, un’icona di un tempo che non esiste più, un amore perduto e poi ritrovato, un cuore di panna sciolto al sole dell’ultima canna.

Calazzo era un duro. Ma sapeva commuoversi. Tendendosi ancora, ormai ginocchioni con il culo all’aria, la faccia schiacciata nel suo stesso sangue, si lasciò andare a un afflato dopo l’altro.

Il primo più potente e tonante peto sparò la mano dal buco del culo fino al terrazzo del colonnello Giusbazzi, a far da colazione al suo gatto Himmler. Uno dopo l’altro, peti sempre diversi sgorgavano dal suo orifizio ormai libero. E erano note, melodie, sentieri musicali. C’era chi ci riconobbe un pezzo di Califano. Ma quello che la gente accorsa davanti al bar, solo per vedere il Portiscani – Gino era già stato tritato e preparato in polpette per la sagra del 4 settembre -, non poteva sapere era che ogni flatulenta musica cancellava, lontano ai confini del mondo, i segni di gesso attorno a Garbazzate di Busonello in Bollate di Argato.

[golem] ...fausto sprezzulli, carabiniere in congedo ormai ultrasettantenne, aveva udito il colpo di pistola e stava accorrendo alla massima velocità che il deambulatore gli consentiva urlando a squarcia gola, emozionatissimo: "carambignèri!". lo sprezzulli aveva trascorso la propria carriera nell'arma come infermiere nell'ambulatorio di proctologia veterinaria: una vita a guardare nel culo dei cani del nucleo cinofilo. aveva sempre sognato un po' d'azione e finalmente era arrivata. il difetto di pronuncia che fin da ragazzo gli aveva causato seri complessi tornò a farsi udire in un secondo, squillante: "CARAMBIGNERI!".

i gommini del deambulatore si surriscaldavano alla folle velocità alla quale lo sprezzulli lo spingeva, perdendo conseguentemente aderenza, ma la folle corsa dell'anziano la dove il dovere e lo sprezzo del pericolo lo portavano non cessava. alzando gli occhi dall'asphalto, un istante dopo il colpo d'arma da fuoco, l'ex appuntato seguì la parabola di una mano volante a partire da un appartamento fino alle fauci voraci di un gatto nero, sul terrazzino di un condominio: la vista del sangue fece comprendere allo sprezzulli la gravità del fatto e l'importanza della sua missione. il deambulatore era ormai allentato nelle sue giunture, i gommini definitivamente liquefatti, ma l'indomito ex carabiniere forzava ulteriormente l'andatura, fino a che, passando davanti alla finestra del Calazzo, colpito dallo spostamento d'aria causato da un roboante peto del povero amputato, veniva sbalzato in strada e travolto dal 38 barrato, il cui autista, in seguito ricoverato per shock, ebbe solo a dire: "mi si è buddato soddto! obbioddio, bi si è buddado soddo.", non perchè fosse negro ma perchè raffreddato.

[Pisodeuorrior] ...Maria Aureola Ignazia Mazzacarronari in Baldanbembo di Fustignate era donna di poche parole, tutte sbagliate. In vita sua non era mai riuscita a mettere un soggetto davanti ad un verbo, per non parlare dei posti in cui metteva preposizioni semplici e articolate.
Ma dato che l'uomo ha da esprimersi, e la donna pure troppo, ben presto la vita le insegnò a comunicare attraverso le immagini, che in forme alterne la aiutavano a dire al mondo IO ESISTO.
Deficitata dell'uso della parola, almeno di una comprensibile che fosse una, apprese ben presto a dischiudere il pensiero suo attraverso disegni e schizzettini, sino ad arrivare a ben più complesse articolazioni di idee attraverso mosaici di tappini, architetture di filtri di Milde Sorte, sinfonie di pernacchiette di rane schicciate sotto i sabò.
Ragion per cui circolava sempre con un invicta sempre colmo di ogni derrata che, se per altri potevano essere considerata pattumiera, per lei erano abaco ed abecedario.
Quando arrivò sul luogo degli eventi a bordo dell'ambulanza depose al suolo una sveglia rotta e usò violenza gratuita su alcuni passanti.
Il suo collega ambulanziere Geronimo Fracconi Sperancoppa Vengaddio, che ne comprendeva l'idioma, tradusse per gli astanti: abbiate pazienza, e non fatemi incazzare.
La mazzacarronari, subito accorsa al corpo rutilante di ogggetti dal retto, prese subito a misurargli il polso - quello che restava - e a controllargli la pressione, ma subito si interruppe distratta da un nuovo fatto.
L'occhio avvezzo all'osservazione aveva infatti focalizzato l'ubicazione dell'arto mancante della vittima, notando infatti l'attimo in cui il gatto nero, leccandosi i baffi, scendeva dal terrazzino sazio di mani umane.
Subito riandò con la mente ai traumi giovanili, alla frustrante e poco comunicativa adolescenza costretta a biascicare ombre cinesi con le compagne del collegio Santa Madonna del Cristo Pavimentato di Buone Intenzioni. Alle volte in cui si era trovata così in imbarazzo nel dover dire "ora ti metto una mano in culo e ti rivolto come un gatto.
Se solo avesse potuto raggiungere quel felino, se solo avesse potuto fargli una lastra ai raggi x. Avrebbe avuto un'altra frase per il proprio vocabolario, che avrebbe potuto urlare in faccia ad ogni Suora Superiora del mondo.
Abbandonò i fiotti di organi che eruttavano dal culo del paziente, riempì una siringa di narcotico e si mise in caccia.
Miciooo micioooo

[Q.] ...Himmler, o più precisamente Kurt Himmler Goering Juden Raus Gesummadonnadiovuotoebalengo Fiat Balilla Adolf Van Basten, era un micetto pavido e timido con evidenti turbe psichiche. Il suo proprietario, il Colonnello in Pensione Furio Giusbazzi, ne aveva decretato la sorte fin da quando, piccolo e inerme, l'aveva raccolto da un fosso, ritenendo che il suo colorito fulvo ben si adattasse a tatuarvi sopra svastiche d'ogni foggia e dimensione. Così fin dalla tenera età Himmler aveva subito le celie dei gatti suoi compaesani, che avevano in genere un solo nome e nessun simbolo ariano tatuato, tranne che la gatta Gegia che aveva una croce uncinata in bassorilievo sulla fronte, ma quello era stato un tragico incidente con un camion della Seconda riattato dallo stesso Giusbazzi. Il colonnello aveva donato al suo gatto un nome altisonante e creativo, a sottolinearne la nobiltà: egli, infatti, amava poche cose: il nazifascismo, le bestemmie creative, le auto d'epoca e Van Basten.
Quel giorno il gatto Himmler era particolarmente turbato. Primo, perché era martedì, e Himmler odiava i martedì. Secondo, perché aveva appena mangiucchiato un tocco di carne dall'aroma discutibile. Terzo, perché il cadavere del Colonnello in Pensione Furio Giusbazzi aveva cominciato a fiorire di vermi dalla profonda ferita causata dall'ascia di Carlo Vladimiro Libero Lenino Marinetti, un anziano del paese combattuto tra la fede cieca nel sol dell'avvenire e la sua passione per le poesie futuriste.

[Squallidone]
E alla fine si presentarono voluttuosamente ai confini del Vaticano.
Lì la commissione per la Dottrina della fede comminò loro la pena capitale: scomunica ed esilio perpetuo alle isole Cayman.
Furono così costretti a prendere un Boeing della Lauda Air (i piloti ovviamente avevano il cappellino) e a raggiungere il paradiso delle tartarughe. Lì gli capitò di tutto, perfino di essere sodomizzati da un gruppo di pappagalli (che pure erano legati ai trespoli) e di esser presi in ostaggio da un autista di pullmann nero con la mania degli spiritual. Infine, successe l'irreparabile: le armate delle tenebre fecero la loro comparsa e trucidarono tutti, lasciando felice e contento il resto del mondo.

(Ruby)
Nel frattempo, dall'altra parte del mare...
Telina stava, con le braccia conserte a tenere fuori il vento glaciale che le urticava la pelle bianchissima, come a sfidare il mare davanti a sé e la costa che vi si profilava. Sarebbe andata a cercare Gino, consapevole del fatto che quello che per tanti era solo un altro teppistello da quattro soldi per lei era il fratello che non aveva mai avuto, il sognante capitalizzatore degli infranti boschi della sua regione, la Tardunia.
Stava infreddolita e rabbrividente sopra la panchina di marmo della stazione centrale, faceva un freddo boia ma il passaggio continuo delle persone che chissà dove cazzo andavano e che avranno mai avuto da fare le teneva compagnia. Si chiedeva rabbrividendo e lasciando sbattere i denti se sarebbe riuscita a riscaldarsi in qualche modo. Facendo fatica si alzò dalla panchina sfregandosi le mani sulle braccia coperte dal giubbotto di jeans che copriva il giubbotto di pelle … comunque non abbastanza per tenerla calda, e poi stava pure scomoda. Guardandosi un po’ intorno con la caratteristica sensazione di denti troppo duri che aveva quando dormiva così, all’aperto/chiuso e dopo aver fumato troppe sigarette, si trovò davanti piantato quello che poi avrebbe scoperto essere Gino. La guardava, un sorriso mezzo accennato, mani in tasca, capello corto e faccia da ragazzo intelligente ma troppo furbetto per i suoi gusti. Lei: “che cazzo hai da guardare?” Lui: “Ma niente, dai, è che con sta fissa dei jeans che avete state qui al freddo quando un bel tessuto tipo tuta ti terrebbe molto più calda. Vuoi mica un cappuccio?” Lei pensò che lui le leggesse la mente perché finora non aveva osato confessare a tutte quelle buonanime che le offrivano il caffè che a lei il caffè faceva cagare tanto che faceva davvero fatica a berlo e mentalmente lo ringraziò e si alzò per seguirlo verso il bar. A voce alta dopo qualche passo però disse: “si, va bene, hai ragione anche tu, però la tuta è assolutamente orrenda da vedersi, non trovi?” E risero.
Già, Gino, col cazzo che la rispedivano a casa con un semplice “signora è morto, stia pure in Tardunia."
Lei non ci credeva, e stava andando a cercarlo.

[morella] ...la folla accorsa attorno all'incredibile spettacolo del corpo monco e petante del Portiscani era una massa stranamente silenziosa, inebetita non si sa se per l'insolita sonata in si minore per sfintere solo o se per l'inevitabile e micidiale flautolenza che traduceva quella musica celestiale in olezzo per vili nari. qualcuno persino svenne, ed era inevitabile.
nemmeno il fragore dello scontro del 38 barrato contro la carrozzella del povero "carambignere" in pensione era riuscito a distogliere l'attenzione degli astanti, e sembrava che sarebbero rimasti tutti così, per sempre, come le statue di sale di biblica memoria, se non fosse che, in uno degli intervalli di quel sublime fraseggio, s'inserì con tempismo perfetto l'urlo di orrore di un ragazzo.

così, come per la rottura di un incantesimo, quella folla immobile e silenziosa si sciolse, e una cinquantina di teste si voltarono all'unisono verso quell'urlo.
quella giornata era cominciata proprio in un modo strano, per gli abitanti di Garbazzate di Busonello in Bollate di Argato, e non era ancora finita. ecco dunque spiegato lo sgomento di tutti, quando videro correre verso di loro, tutto affannato e rosso in volto, non un ragazzo qualsiasi, ma lui, lo scemo del paese, quello che chiunque prima o poi aveva avuto modo di vedere masturbarsi nudo davanti alla statua della piazza.
ora correva verso di loro non più ansando di orgasmico piacere, ma urlando, e persino producendo frasi che seppur sconnesse, pure parevano voler dire qualcosa di compiuto.
"è la fine! è la fine!" riuscirono ad intendere "scappate finchè siete in tempo!".
fu solo dopo molto tempo e parecchi bicchieri di barbera riserva speciale che il ragazzo parlò. e raccontò di come, intento in bucolica contemplazione dei campi ai confini del paese - del culo delle vacche del Bartolo, malignò qualcuno - egli vide sparire come d'incanto la linea di gesso che da sempre era stata la bocca di bonifacio di Garbazzate di Busonello in Bollate di Argato.
sparita, dissolta come la neve al sole, ma in ffwd. più veloce insomma.

come turisti in visita al museo seguirono tutti l'insolita guida verso il luogo del disastro, ignorando i gorgoglii che la Maria Aureola Ignazia ecc ecc produceva nel suo tentativo di ingannare con le buone quella vecchia volpe del gatto Himmler. il quale la guardò impassibile, ruttò e petò, voltandole infine le terga con la supponenza tipica di ogni gatto degno di questo nome.
il nostro gruppo intanto, giunto sul posto, notò che proprio laddove la linea piatta dell'orizzonte cominciava a confondersi col cielo cinerino, si andava formando una strana nube nera che pareva spinta verso di loro da un vento soprannaturale - chè altro non poteva essere visto che non tirava vento quella mattina.
dopo i primi attimi di stupore si diede la stura alle supposizioni.
"un'invasione di cavallette" sussurrò timidamente il parroco segnandosi; "ma no, è quella merdosa fabbrica puzzolente che ha fatto aprire il commendatore tre mesi fa" urlò Serafino Mastropecora, l'ambientalista, facendo seguire bestemmione creativo. il parroco si segnò anche per lui.
ben presto il brusio si fece vociare scomposto e così trascorsero le ore, osservando e supponendo, fino a che la sera non li sorprese infreddoliti e stanchi, e privi della visione di quella strana nube, che si dileguò nel buio.

molto tempo è passato, e ciò che è rimasto di quegli strani avvenimenti in Garbazzate di Busonello in Bollate di Argato è leggenda. e come in tutte le leggende, ci sono molte versioni. quella più accreditata dice che la strana nube al mattino era dissolta, e a nulla valse aspettarla nei giorni successivi. ben presto la gente si stancò e dimenticò. lo scemo del paese partì per destinazione ignota e non fece più ritorno. qualcuno dice di aver riconosciuto il suo volto sui cartelloni elettorali con lo stesso sorriso ebete che aveva davanti alla statua di Vittorio Emanuele, ma non è detto.
molti abitanti si avventurarono nel mondo lì fuori, quello che un tempo era stato l'ignoto oltre la riga di gesso. entrarono in quel mondo e lasciarono che quel mondo entrasse da loro.
quando le donne cominciarono a fare ritorno al paese ingrassate di venti chili e con un bel pancione, qualcuno - maligno - cominciò a sospettare che fosse entrato troppo.
Gino non pagò mai il suo debito, vuoi perchè da cadavere è difficile stare dietro agli affari, vuoi perchè qualche buontempone, approfittando del generale sconquasso, gli fece sparire gli ottocento euro. non si seppe mai chi fosse, ma il mese dopo la chiesa aveva finalmente la campana nuova.
Telina, vittima dell'ennesimo ritardo di trenitalia, rischiò di morire assiderata, non fosse stato per il buon cuore di un capostazione che la raccolse, la curò e alla fine se la sposò. oggi Telina ha centodue anni, poca memoria e le foto ingiallite dei suoi dieci mariti.
nulla si sa più di quello strano paesello, la cui fine fu decretata da un colpo di pistola diretto male.

[Menesturello] ........E allora ***sBBRAAAMm**** fiiiiiiiiii Spatatuosch!

****SBEMSBEMsbemsbemsbem***********

"Yotttttaaaaa!!!!! Asorogaràtò!" SQUOSH!

AAAAARGH! "MIODDIO!" *spiàc. SPIIIII°°°°c!" "TI PREEEEGoooo! Nuuoo"

Spetepèm! ?UoooOih^ *SBram!* AZac! Zacc!

"Lasciami! Pezzo dimmerda ho detto lasciamiiiiiiiiiii!"

Tud!

Eh beh, in tutti i racconti lunghi che si rispettino prima o poi arriva la parte in cui c'è lo splatter. Sapete le urla, il sangue, le grida disperate e tutta tutta la violenza del Mondo? Ecco, quello. Peccato però che nel nostro caso, il tutto era generato semplicemente dal televisore nella vetrina vicina alla signora Telina che, udendo quelle urla beduine, non potè fare a meno di muoversi in fretta dalla panchina ed allontanarsi da quel frastuono infernale...

[golem] ...lollio aprì un occhio. la radiosveglia gracchiava su code per neve sulla salerno reggio calabria. era un sogno. mormorò: "che cazzo di sogno.". cercò di ricordare cosa avesse mangiato la sera prima mentre allungava il braccio per premere lo snooze: non ricordava cosa, ricordò con chi e fece un verso mentre si riappallottolava indosso il piumone. la casa era fredda, aveva dimenticato di impostare il termostato.

la radio ricominciò a gracchiare. cinque minuti non durano niente. uscì di scatto dal letto, guardò nel posacenere in bagno sapendo di ritrovarci uno stuzzo che soltanto un capogiro etilico aveva salvato dalla carbonizzazione qualche ora prima. lo riaccese facendosi la barba col rasoio elettrico: un leggero tremito delle mani era ormai da tempo entrato a far parte delle cose normali. poi si lavò mentre elevava al cielo il mantra del "cheppalle". quindici minuti era in strada a chiedersi se fosse o no il caso di andare. aveva 45 anni, la panza, sette euro e cinquanta, un pacchetto di sigarette e mezzo serbatoio di benzina. e la vaga sensazione di non averci capito un cazzo.

[novocaina] ...Il vestiziario l'aveva addobbato con i soliti pantaloni nibelunghi, la camicia di laminato e le adidas a sospensioni intelligenti. Doveva rinnovare i programmi, ma non ne aveva mai voglia.

Salutò cortesemente Pasquale Virtuale, il portiere olografico fuori dal Tutto Hotel, e si avviò molleggiando e sbuffando lungo Viale 11 Settembre verso il suo appuntamento.

Era in ritardo.

Ma era anche una gran bella giornata. Le nuvole di vapore acido erano appena accennate e il sole riusciva persino a illuminare quella parte di quadrante. Perciò, non era il caso di affannarsi.

Ogni tanto, per sicurezza, dava un'occhiata alla valigetta, per essere sicuro che lo sgnafurz fosse ancora al suo posto. Roba jappa. Roba tosta. Lavoretto facile anche oggi.

Fu solo quando arrivò alla plancia del 4S di Largo Lantanio che, nel leggere il nome sulla griglia, proprio appena prima di digitare il codice e fare la solita recita, cominciò a sentirsi un pò a disagio.

Garbazzate di Busonello in Bollate di Argato, si leggeva.

Dapprima lieve, poi sempre più incontenibile, un fortissimo bruciore al culo si stava impossessando di lui.
Taggata:
«13

Commenti

  • Zio Brady
    Zio Brady fottuta fashion victim
    up
  • chi continua?
  • Q.
    Q. sono coraggioso, ma l'amore mi dà timidezza
    tu.
  • [Q.::post]
    tu.



    Sapevo che l'idea della scrittura collettiva ti sarebbe piaciuta!!
  • Q.
    Q. sono coraggioso, ma l'amore mi dà timidezza
    lol. spiega bene cos'è una ribatta
  • [novocaina::post]da ragazzi si buttavano le 100 lire in ghiaccioli dai quali non si riusciva a staccare la carta.


    ah, vero, che nostalgia.

    [novocaina::post]l'idea della scrittura collettiva


    da quando conosco internet, ho perso il conto di quanti tentativi di scrittura collettiva ho visto partire. tutti falliti in un modo che dir misero e' poco.

  • da quando conosco internet, ho perso il conto di quanti tentativi di
    scrittura collettiva ho visto partire. tutti falliti in un modo che dir
    misero e' poco.



    e chi sono io per interrompere questa tradizione?



    Q. la ribatta potrebbe essere una pistolaccia corta.
  • Zio Brady
    Zio Brady fottuta fashion victim
    [novocaina::post]Sapevo che l'idea della scrittura collettiva ti sarebbe piaciuta!!

    A me piace ma ho la fantasia di un'abat-jour.
  • [psycho::post]ho perso il conto di quanti tentativi di scrittura collettiva ho visto partire. tutti falliti in un modo che dir misero e' poco.


    che bello , facciamo la three word story!

    ognuno posta tre parole di senso compiuto dopo il post di quello che lo precede e sarà un evviva!

    inizio io!

    "Zat succhia grossi.."

    continuate voi!






    ok continuo io.


    ...Ma a noi di Gino poco ci importa. A chi deve quegli ottocento euro proprio non ce ne frega un cazzo. Avrà approfittato dei favori sessuali di uno di quei bambini che espesso venivano a mangiare ghiaccioli dai quali non si staccava la carta e ora, dopo 10 anni, uno di quei bambini è cresciuto e ha chiesto la contropartita in contanti rivalutando gli interessi al tasso attuale.

    Erano stati 10 anni molto lunghi.

    La storia che veramente ci interessa, però, è quella di Calazzo Portiscani, il lugubre figuro che molti anni prima aveva tracciato quegli enigmatici segni col gesso sul terreno che per magia impedivano alla gente di uscire da quel paese incantato. Nessuno di loro però aveva mai capito a cosa servissero, e perché Calazzo fosse uso tenere sempre un dito infilato nel culo mentre li immortalava sull'asfalto. Ma a nessuno interessava, al pari dei confini del mondo.
    Pare che Calazzo fosse l'unico tramite tra Garbazzate di Busonello in Bollate di Argato, il paese dove si svolgono le nostre vicende, e il mondo esterno.

    Cronache del luogo raccontano anche di un episodio empio e increscioso, successo qualche anno prima, su al casolare degli Scannazza, durante una festa della parrocchia.
    Pare che la figlia del vicequestore Rottafacchi fosse passata col fidanzato da quelle parti e che un povero ragazzo subnormale, una sottospecie di ritardato visionario con grossi problemi di alcol e droga, noto per l'abitudine di masturbarsi nudo davanti alla statua di Vittorio Emanuele nella piazza grande del paese, avesse inveito contro di lei rivomitando succhi gastrici e bile.
    Per fortuna che la rete del porcilaio nel quale egli stava razzolando impedì il tragico epilogo.

    Calazzo Portiscani, noto per essere un po' la memoria storica del paese, mantenne sempre il segreto su quel fatto.. E pareva quasi che quel dito perennemente infilato nello sfintere mentre tracciava segni magici col gesso impedisse alle grandi verità che erano custodite nelle sue viscere gorgoglianti di poter essere protruse tra gli ignari minus habens di Garbazzate di Busonello in Bollate di Argato.

    Quel pomeriggio, però, Gino estrasse la pistola dalla tasca interna dell giacca e si sparò un colpo alla tempia.
  • [Zat::post]Zat


    lollone, fantastica, sto collassando!
  • e sia home
  • ok come non detto
  • Ora perchè uno si spari alla tempia per un piccolo debito con quattro ragazzini cresciutelli, non è nemmeno troppo importante.

    Importante diventa se la pallottola, trapassando il cranio mezzo vuoto di Gino, si avvita su sé stessa, arriva a sfondare i muri spessi due dita del bar e si schianta contro il polso di Calazzo Portiscani, facendolo esplodere con un rumore sordo di righello sui banchi.

    Il Portiscani, che non mancava mai d’uscire di casa in un gessato a scacchi blu e marroni, si trovò così, con la mano mozza ancora conficcata in culo attraverso il foro orlato dei pantaloni – la sua sarta non domandava più da un pezzo perchè dovesse fargli un foro nei pantaloni all’altezza del culo –, gocciolante di sangue rubino. Il resto del braccio, anchilosato da anni di prostrazione verso il retto, incapace di muoversi, si scuoteva appena contribuendo all’allargarsi della pozza rossa verso il tombino a bordo strada.

    Calazzo era un duro. Pochi come lui ci sapevano fare con i gessi. Da piccolo era stato madonnaro. Porcamadonna che madonnaro. Dicevano tutti. Ma c’è un limite a tutto. Prima di afflosciarsi come un foglio di carta bagnato, girò gli occhi al cielo, tese tutte le vene del collo e alzando il pugno – quello rimasto – verso le finestre della signora Colaiutti, affacciata a stendere le mutande di suo marito, vedendola radiosa come sempre nei suoi 89 anni e tre denti e mezzo, gli parve di vedere una madonna barocca, un’icona di un tempo che non esiste più, un amore perduto e poi ritrovato, un cuore di panna sciolto al sole dell’ultima canna.

    Calazzo era un duro. Ma sapeva commuoversi. Tendendosi ancora, ormai ginocchioni con il culo all’aria, la faccia schiacciata nel suo stesso sangue, si lasciò andare a un afflato dopo l’altro.

    Il primo più potente e tonante peto sparò la mano dal buco del culo fino al terrazzo del colonnello Giusbazzi, a far da colazione al suo gatto Himmler. Uno dopo l’altro, peti sempre diversi sgorgavano dal suo orifizio ormai libero. E erano note, melodie, sentieri musicali. C’era chi ci riconobbe un pezzo di Califano. Ma quello che la gente accorsa davanti al bar, solo per vedere il Portiscani – Gino era già stato tritato e preparato in polpette per la sagra del 4 settembre -, non poteva sapere era che ogni flatulenta musica cancellava, lontano ai confini del mondo, i segni di gesso attorno a Garbazzate di Busonello in Bollate di Argato.
  • ok, ho cambiato idea: questo racconto collettivo e' il primo al mondo votato al successo.
  • non dire gatto se non ce l'hai nel sacco.

  • suggerisco di wikizzarlo, comunque.
  • sono un fottuto ignorante, intendi metterci la tag "wiki" ?
  • no, sono un fottuto ignorante al quadrato.
  • in alto a destra nel tuo post (se sei loggato) dovresti vedere una freccina rossa. se ci clicchi sopra, trovi un menu a tendina che ti permette di spostare il post in un altro dei sub-forum di asphalto. se scegli wiki, diventa un wiki.
  • golem
    modificato 7 febbraio 2006
    fausto sprezzulli, carabiniere in congedo ormai ultrasettantenne, aveva udito il colpo di pistola e stava accorrendo alla massima velocità che il deambulatore gli consentiva urlando a squarcia gola, emozionatissimo: "carambignèri!". lo sprezzulli aveva trascorso la propria carriera nell'arma come infermiere nell'ambulatorio di proctologia veterinaria: una vita a guardare nel culo dei cani del nucleo cinofilo. aveva sempre sognato un po' d'azione e finalmente era arrivata. il difetto di pronuncia che fin da ragazzo gli aveva causato seri complessi tornò a farsi udire in un secondo, squillante: "CARAMBIGNERI!".

    i gommini del deambulatore si surriscaldavano alla folle velocità alla quale lo sprezzulli lo spingeva, perdendo conseguentemente aderenza, ma la folle corsa dell'anziano la dove il dovere e lo sprezzo del pericolo lo portavano non cessava. alzando gli occhi dall'asphalto, un istante dopo il colpo d'arma da fuoco, l'ex appuntato seguì la parabola di una mano volante a partire da un appartamento fino alle fauci voraci di un gatto nero, sul terrazzino di un condominio: la vista del sangue fece comprendere allo sprezzulli la gravità del fatto e l'importanza della sua missione. il deambulatore era ormai allentato nelle sue giunture, i gommini definitivamente liquefatti, ma l'indomito ex carabiniere forzava ulteriormente l'andatura, fino a che, passando davanti alla finestra del Calazzo, colpito dallo spostamento d'aria causato da un roboante peto del povero amputato, veniva sbalzato in strada e travolto dal 38 barrato, il cui autista, in seguito ricoverato per shock, ebbe solo a dire: "mi si è buddato soddto! obbioddio, bi si è buddado soddo.", non perchè fosse negro ma perchè raffreddato.
  • Pisodeuorrior
    Pisodeuorrior Il concetto di doppiaggio in se' E' SBAGLIATO
    Maria Aureola Ignazia Mazzacarronari in Baldanbembo di Fustignate era donna di poche parole, tutte sbagliate. In vita sua non era mai riuscita a mettere un soggetto davanti ad un verbo, per non parlare dei posti in cui metteva preposizioni semplici e articolate.
    Ma dato che l'uomo ha da esprimersi, e la donna pure troppo, ben presto la vita le insegnò a comunicare attraverso le immagini, che in forme alterne la aiutavano a dire al mondo IO ESISTO.
    Deficitata dell'uso della parola, almeno di una comprensibile che fosse una, apprese ben presto a dischiudere il pensiero suo attraverso disegni e schizzettini, sino ad arrivare a ben più complesse articolazioni di idee attraverso mosaici di tappini, architetture di filtri di Milde Sorte, sinfonie di pernacchiette di rane schicciate sotto i sabò.
    Ragion per cui circolava sempre con un invicta sempre colmo di ogni derrata che, se per altri potevano essere considerata pattumiera, per lei erano abaco ed abecedario.
    Quando arrivò sul luogo degli eventi a bordo dell'ambulanza depose al suolo una sveglia rotta e usò violenza gratuita su alcuni passanti.
    Il suo collega ambulanziere Geronimo Fracconi Sperancoppa Vengaddio, che ne comprendeva l'idioma, tradusse per gli astanti: abbiate pazienza, e non fatemi incazzare.
    La mazzacarronari, subito accorsa al corpo rutilante di ogggetti dal retto, prese subito a misurargli il polso - quello che restava - e a controllargli la pressione, ma subito si interruppe distratta da un nuovo fatto.
    L'occhio avvezzo all'osservazione aveva infatti focalizzato l'ubicazione dell'arto mancante della vittima, notando infatti l'attimo in cui il gatto nero, leccandosi i baffi, scendeva dal terrazzino sazio di mani umane.
    Subito riandò con la mente ai traumi giovanili, alla frustrante e poco comunicativa adolescenza costretta a biascicare ombre cinesi con le compagne del collegio Santa Madonna del Cristo Pavimentato di Buone Intenzioni. Alle volte in cui si era trovata così in imbarazzo nel dover dire "ora ti metto una mano in culo e ti rivolto come un gatto.
    Se solo avesse potuto raggiungere quel felino, se solo avesse potuto fargli una lastra ai raggi x. Avrebbe avuto un'altra frase per il proprio vocabolario, che avrebbe potuto urlare in faccia ad ogni Suora Superiora del mondo.
    Abbandonò i fiotti di organi che eruttavano dal culo del paziente, riempì una siringa di narcotico e si mise in caccia.
    Miciooo micioooo
  • Q.
    Q. sono coraggioso, ma l'amore mi dà timidezza
    Himmler, o più precisamente Kurt Himmler Goering Juden Raus Gesummadonnadiovuotoebalengo Fiat Balilla Adolf Van Basten, era un micetto pavido e timido con evidenti turbe psichiche. Il suo proprietario, il Colonnello in Pensione Furio Giusbazzi, ne aveva decretato la sorte fin da quando, piccolo e inerme, l'aveva raccolto da un fosso, ritenendo che il suo colorito fulvo ben si adattasse a tatuarvi sopra svastiche d'ogni foggia e dimensione. Così fin dalla tenera età Himmler aveva subito le celie dei gatti suoi compaesani, che avevano in genere un solo nome e nessun simbolo ariano tatuato, tranne che la gatta Gegia che aveva una croce uncinata in bassorilievo sulla fronte, ma quello era stato un tragico incidente con un camion della Seconda riattato dallo stesso Giusbazzi. Il colonnello aveva donato al suo gatto un nome altisonante e creativo, a sottolinearne la nobiltà: egli, infatti, amava poche cose: il nazifascismo, le bestemmie creative, le auto d'epoca e Van Basten.
    Quel giorno il gatto Himmler era particolarmente turbato. Primo, perché era martedì, e Himmler odiava i martedì. Secondo, perché aveva appena mangiucchiato un tocco di carne dall'aroma discutibile. Terzo, perché il cadavere del Colonnello in Pensione Furio Giusbazzi aveva cominciato a fiorire di vermi dalla profonda ferita causata dall'ascia di Carlo Vladimiro Libero Lenino Marinetti, un anziano del paese combattuto tra la fede cieca nel sol dell'avvenire e la sua passione per le poesie futuriste.
  • Ruby Tuesday
    Ruby Tuesday something eluding you, sunshine?
    uff, non capisco e c'è troppo da leggere..
  • oh, io un po' ne ho aggiunti, ma sappiate che mi caco il cazzo subito, per cui forse è meglio che si aggiorni direttamente il post iniziale.
  • mi farebbe tanto piacere aggiungessero il loro pezzetto il maranza, psycho, flogisto, entropyst, akkots, harlequin, freewitch, ed, dont'worry, rodolfo, squallido master, menesturello, pitipì e pitipà. insomma dai, cazzo, scrivete dieci righe, checcevò?
  • Ruby Tuesday
    Ruby Tuesday something eluding you, sunshine?
    [golem::post]insomma dai, cazzo, scrivete dieci righe, checcevò?


    eh ma di che si parla? non vorrai mica che lo legga tutto per capirlo... ho visto mentionati heimler e altra gente di cui so troppo poco per esprimermi...
    dopo pranzo leggo
  • lo farei se non fosse necessario leggere tutto.
    dai, magari stasera leggo e aggiungo.
  • Ruby Tuesday
    Ruby Tuesday something eluding you, sunshine?
    [ed.::post]lo farei se non fosse necessario leggere tutto.
    dai, magari stasera leggo e aggiungo.
    [ruby tuesday::post]non vorrai mica che lo legga tutto per capirlo...
    [ruby tuesday::post]dopo pranzo leggo


    ahahahhaha dai che in fondo siamo gemellini!
  • Q.
    Q. sono coraggioso, ma l'amore mi dà timidezza
    [ruby tuesday::post]heimler
    è il nome di un gatto.
  • [ed.::post]lo farei se non fosse necessario leggere tutto.


    non serve che leggiate, riassumo:

    [golem::post]Gino ce l’ha nella tasca interna della giacca, col colpo pronto. Ha pazienza. Gino ha ottocento euro nell’altra tasca, e sta aspettando qualcuno.


    [golem::post]Ma a noi di Gino poco ci importa


    [golem::post]La storia che veramente ci interessa, però, è quella di Calazzo Portiscani


    [golem::post]Quel pomeriggio, però, Gino estrasse la pistola dalla tasca interna dell giacca e si sparò un colpo alla tempia.


    [golem::post]] Ora perchè uno si spari alla tempia per un piccolo debito con quattro ragazzini cresciutelli, non è nemmeno troppo importante.


    [golem::post]se la pallottola, trapassando il cranio mezzo vuoto di Gino, si avvita su sé stessa, arriva a sfondare i muri spessi due dita del bar e si schianta contro il polso di Calazzo Portiscani,


    [golem::post]Il Portiscani


    [golem::post]si trovò così, con la mano mozza ancora conficcata in culo


    [golem::post]Calazzo era un duro. Ma sapeva commuoversi. Tendendosi ancora, ormai ginocchioni con il culo all’aria, la faccia schiacciata nel suo stesso sangue, si lasciò andare a un afflato dopo l’altro.


    [golem::post]Il primo più potente e tonante peto sparò la mano dal buco del culo fino al terrazzo del colonnello Giusbazzi, a far da colazione al suo gatto Himmler.


    [golem::post]fausto sprezzulli, carabiniere in congedo ormai ultrasettantenne, aveva udito il colpo di pistola e stava accorrendo alla massima velocità che il deambulatore gli consentiva urlando a squarcia gola, emozionatissimo: "carambignèri!".


    [golem::post]ma l'indomito ex carabiniere forzava ulteriormente l'andatura, fino a che, passando davanti alla finestra del Calazzo, colpito dallo spostamento d'aria causato da un roboante peto del povero amputato, veniva sbalzato in strada e travolto dal 38 barrato


    [golem::post]Maria Aureola Ignazia Mazzacarronari in Baldanbembo di Fustignate era donna di poche parole, tutte sbagliate.


    [golem::post]Quando arrivò sul luogo degli eventi a bordo dell'ambulanza depose al suolo una sveglia rotta e usò violenza gratuita su alcuni passanti.
    Il suo collega ambulanziere Geronimo Fracconi Sperancoppa Vengaddio, che ne comprendeva l'idioma, tradusse per gli astanti: abbiate pazienza, e non fatemi incazzare.


    [golem::post]ma subito si interruppe distratta da un nuovo fatto.
    L'occhio avvezzo all'osservazione aveva infatti focalizzato l'ubicazione dell'arto mancante della vittima, notando infatti l'attimo in cui il gatto nero, leccandosi i baffi, scendeva dal terrazzino sazio di mani umane.


    [golem::post]Abbandonò i fiotti di organi che eruttavano dal culo del paziente, riempì una siringa di narcotico e si mise in caccia.
    Miciooo micioooo


    [golem::post]Himmler


    [golem::post]era un micetto pavido e timido con evidenti turbe psichiche


    [golem::post]. Il colonnello aveva donato al suo gatto un nome altisonante e creativo, a sottolinearne la nobiltà: egli, infatti, amava poche cose: il nazifascismo, le bestemmie creative, le auto d'epoca e Van Basten.


    [golem::post]Quel giorno il gatto Himmler era particolarmente turbato.


    [golem::post]perché aveva appena mangiucchiato un tocco di carne dall'aroma discutibile.


    [golem::post]il cadavere del Colonnello in Pensione Furio Giusbazzi aveva cominciato a fiorire di vermi dalla profonda ferita causata dall'ascia di Carlo Vladimiro Libero Lenino Marinetti, un anziano del paese combattuto tra la fede cieca nel sol dell'avvenire e la sua passione per le poesie futuriste.


    alè-